mercoledì 21 marzo 2012

ATTILA DEL XXI° SECOLO!!

Risale a qualche anno fa, una notizia che, certamente, chi ama la Natura e l’Ambiente non s’è lasciato scappare anche se purtroppo non ha avuto (come accade spesso per le "buone notizie"!) lo spazio che meritava.

La notizia riguardava la “scoperta”di un vero paradiso ter­restre sorto negli Stati Uniti lungo il Sa­vannah River, con rigogliose piante tropicali, animali in via d’estinzione qui vivevano e si riproducevano, cervi con corna maestose, trote, cavalli.
Un vero ecosistema nato e sviluppato in piena simbiosi con la Natura più selvaggia e incontaminata!

Beh proprio incontaminato proprio no!

Questo “parco naturale”  altro non è che …una ex fabbrica di materiale nucleare dismessa ed abbandonata negli anni 80 per effetto dei trattati di produzione delle armi nucleari.


Sembra un ossimoro, ma per effetto della contaminazione… è nato un parco incontaminato!

Questo deve insegnarci che –ahinoi– il vero nemico dell’ambiente è l'uo­mo.


È molto facile fare un’associazione di idee trasportando questo ragionamento “a casa nostra”!

Immaginiamo invece del Savannah River, il golfo dell'Asinara;

tipico asinello bianco
Immaginiamo invece della fabbri­ca di armi nucleare , un carcere di massima sicurezza;

Immaginiamo invece delle piante, dei cervi, dei cavalli, il classico asinello bianco tipico dell’Asinara, il gabbiano corso, mufloni, cinghiali allo stato brado, ettari di macchia mediterranea spontanea… e il risultato non cambia!!


fondale dell'Asinara
Nei lunghi anni in cui l'Asinara è stata “off-limits” per tutti, e le persone che vi mettevano piede non vi andavano ...spontaneamente ed erano ristrette (in qualsiasi accezione del termine!) e pochi, pochissimi altri privilegiati potevano sbarcare su questa splendida isola, il gabbiano corso ed i mufloni hanno potuto proliferare e vivere nel loro ambiente naturale, i caratteristici asinelli bianchi ed altre specie vegetali e animali sono stati al riparo dall’estinzione.
Purtroppo da qualche anno è cessata quella condizione che ha conservato e protetto questa splendida isola nel tempo, ma parallelamente, non sono state fissate regole ferree per le visite e la creazione di un “parco naturale” con visite guidate e, in poco tempo, quello scorcio di paradiso terrestre si è disseminato di “reperti dei visitatori umani”, dimostrando che i veri “Attila” del XX° secolo sono solo i turisti!
Ora il ministro Severino ha avanzato l'idea di riaprire i carceri di Pianosa e Asinara. Beh, l'idea non è malvagia!
Per il bene e la tutela dell'isola dell'Asinara sarebbe un toccasana!





un'insenatura del Golfo dell'Asinara









giovedì 8 marzo 2012

UN MEDICO CI RACCONTA LA PASSIONE DI GESÙ


Alcuni decenni fa, un medico francese, prof. Barbet, ospite del card. Pacelli in Vaticano, raccontò che, in base alle sue ricerche, si poteva essere certi che la morte di Gesù Cristo era avvenuta per “contrazione tetanica di tutti i muscoli” e poi “per asfissia”.
Il card. Pacelli impallidendo, sussurrò: «è la conferma che il figlio di Dio patì sulla croce come preannunciato da Lui stesso ai suoi discepoli sulla via di Emmaus».

Ritornato nel suo studio, il prof. Barbet stese per iscritto un vero e proprio rapporto dal punto di vista medico, della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
La premessa conteneva un’avvertenza: «io sono un chirurgo, ho insegnato e in questa “veste” ho passato 17anni in mezzo ai cadaveri. Ho avuto modo di studiare e approfondire l’aspetto anatomico. Posso quindi scrivere su questo tema con competenza e senza presunzione».

L’evangelista Luca ci dice che «Gesù entrò in agonìa nell’orto del Getsemani mentre pregava intensamente. Ed emise un sudore misto a gocce di sangue che cadevano fin a terra».
Il prof. Barbet fa notare un particolare: questo fatto è stato riportato solo da Luca che era un medico. E lo fa con la precisione e la competenza dell’addetto ai lavori.
Il sudar sangue o “ematoidròsi”, è un fenomeno medico rarissimo, ma già noto a quei tempi.
Avviene in situazioni estreme: a provocarlo è la spossatezza fisica unita da una violenta scossa morale causata da una profonda emozione o paura.
Il terrore, lo spavento, l’angoscia possono produrre la rottura di vasi capillari che si trovano nelle vicinanze delle ghiandole sudoripare. Il sangue si mescola al sudore e affiora sulla pelle.
Sappiamo bene com’è avvenuto il processo-farsa a Gesù organizzato e messo in scena dal Sinedrio ebraico, l’invio di Gesù a Ponzio Pilato, lo “sballottare” la vittima tra il procuratore romano ed Erode.
Pilato cede e decide di far flagellare il condannato.
I soldati spogliano Gesù e lo legano per i polsi ad una colonna dell’atrio.
La flagellazione consiste nell’essere colpiti con delle strisce di cuoio intrecciate su cui sono fissate due palle di piombo e degli ossicini.
Le tracce evidenti possiamo riscontrarle nella Sindone: la gran parte delle sferzate le troviamo sulle spalle, sulla schiena, nella regione lombare e sul petto.
I carnefici furono due: uno da ciascun lato ma di differente corporatura.
La pelle, già alterata da milioni di microscopiche emorragie effetto dell’“ematoidròsi”, si lacera e si spacca e il sangue zampilla.
E ad ogni staffilata il corpo di Gesù viene attraversato da un soprassalto di dolore.
Le forze oramai vengono meno: il sudore freddo gli imperla la fronte, la testa comincia a girare con vertigini e nausea, i brividi gli corrono lungo la schiena.
Crollerebbe in una pozza di sangue se non fosse stato legato in alto con i polsi.
Poi lo scherno dell’incoronazione: intrecciano una “corona” con lunghissime e durissime spine, più dure di quelle dell’acacia che penetrano nel cuoio capelluto (che è una zona molto vascolarizzata che quindi sanguina copiosamente).

Dall’analisi della Sindone riscontriamo un forte colpo di bastone sulla guancia destra che lascia una piaga lacero-contusa, il naso deformato da frattura nell’ala cartilaginea.
Ponzio Pilato presenta alla folla inferocita quell’uomo e lo consegna alla crocifissione.
Caricano sulle spalle di Gesù il braccio orizzontale della croce che pesa una cinquantina di kg.
Gesù cammina a piedi scalzi in un sentiero, lungo circa 600m. è cosparso di ciottoli e spesso cade sulle ginocchia.

Le spalle di Gesù sono già ricoperte di piaghe e quella trave gli scortica ulteriormente la pelle del dorso.
Arrivati sul Calvario, ha inizio la Crocifissione.
I soldati spogliano Gesù. La sua tunica è incollata alla pelle delle spalle. Ogni filo di stoffa aderisce al tessuto della carne viva. Levando la tunica (e i carnefici non hanno certo usato pietà e delicatezza!) si lacerano le terminazioni nervose messe allo scoperto nelle piaghe.

Avete mai provato a staccare una garza di medicazione su una ferita? Non avete sofferto voi stessi? Non per nulla quest’operazione – talvolta- richiede di anestetizzare localmente la zona.
I carnefici danno uno strappo violento. C’è da stupirsi che quel dolore atroce non provochi una sincope!
E il sangue ricomincia a scorrere.
Gesù viene steso sul dorso e le piaghe si mischiano alla ghiaia e alla polvere.
Gli aguzzini prendono le misure: un giro di succhiello nel legno per facilitare la penetrazione dei chiodi. Un supplizio aggiunto al supplizio.
Il carnefice prende un chiodo (lungo, appuntito e quadrato) e lo appoggia sul polso di Gesù e con un colpo netto di martello lo pianta saldamente nel legno.
Seguono altri colpi.

Il nervo mediano è stato leso: in quell’istante il pollice di Gesù, con uno scatto, si è messo in opposizione nel palmo della mano.
Un dolore lancinante, acutissimo, diffuso nelle dita che – come una lingua di fuoco – raggiunge la spalla e folgora il cervello. Quando viene leso un fascio di nervi si prova il dolore più insopportabile che si possa provare! Qualche volta si perde conoscenza!
Gesù non perde conoscenza! Il nervo è stato solo sfilacciato. Il tronco di nervi resta quindi a contatto con il chiodo. Quando poi resterà sospeso sulla croce, il nervo si tenderà fortemente come una corda di violino sul ponticello. E ogni scossa, ogni movimento, provocherà dolori strazianti.
E tutto questo durerà tre ore!

Ovvio che anche per l’altro braccio si ripeteranno gli stessi atroci dolori.
I carnefici impugnano le estremità della croce, sollevano Gesù poi facendolo indietreggiare lo addossano al palo verticale.
Le spalle della vittima hanno strisciato sul legno ruvido.
La testa di Gesù è reclinata in avanti per evitare di toccare il legno con la corona di spine.
Quando prova a sollevare la testa, riprendono le fitte acutissime.
Poi gli inchiodano i piedi.
È mezzogiorno.

Gesù ha sete. Non ha bevuto dalla sera precedente.
Il volto oramai è tirato, è una maschera di sangue. La bocca è semiaperta.
La gola è secca, gli brucia, ma non può deglutire. Un soldato gli tende una spugna intrisa di una bevanda acidula in uso tra i militari.
Atrocità su atrocità.
I muscoli delle braccia ora si irrigidiscono sempre di più, contratti. Deltoidi, bicipiti sono tesi.
Le dita delle mani s’incurvano.
Son gli stessi sintomi di un malato di tetano, in preda a quelle orribili crisi.
È ciò che i medici chiamano “tetanìa”: i crampi si generalizzano in tutto il corpo, i muscoli dell’addome si irrigidiscono, poi quelli intercostali, quelli del collo. Intervengono quindi difficoltà nella respirazione e deglutizione.

Il respiro a poco a poco si fa sempre più corto.
L’aria entra con un sibilo ma non riesce più a uscire.
Il crocefisso può (a malapena!) inspirare ma non riesce a espirare!
Gesù può respirare solo con l’apice dei polmoni.
Ha sete d’aria come un asmatico in piena crisi.
Il volto è pallido. A poco a poco diventa risso, poi violetto, purpureo infine cianotico.
Gesù soffoca.

I polmoni son gonfi d’aria ma non riescono a svuotarsi.
La fronte imperlata di sudore. Gli occhi stanno per uscire dalle orbite.
Tutto questo provoca un dolore martellante.
Lentamente, con un ultimo sforzo, sovrumano, facendo forza sul chiodo dei piedi, cerca di tirarsi su, con piccoli movimenti. (fa leva su un chiodo che trapassa entrambi i piedi; e sfrega il dorso già martoriato sulla superficie della croce, non certo levigata!).

Comunque così facendo allevia la trazione delle braccia.
I muscoli del torace si distendono permettendo una respirazione più ampia e profonda.
I polmoni riescono a svuotarsi.
Il viso riacquista quel pallore primitivo.
Ma questo sforzo dolorosissimo a che serve? Gesù vuole altro fiato per parlare. Deve dire «Padre, perdona loro: non sanno quello che fanno!»
Ma quella posizione non può essere mantenuta a lungo. Il corpo ricomincia ad afflosciarsi e l’asfissia riprende.

Gesù ogni volta che vuole parlare deve sottoporsi a questa pratica: sollevarsi appoggiandosi sui chiodi dei piedi. E sono state tramandate sette frasi pronunciate da Gesù sulla croce.
Inimmaginabile.
Sciami di mosche, verdi e blu, come nei mattatoi, ronzano attorno al suo corpo. Ma lui non può neppure scacciarle.
Il cielo si oscura. Il sole si nasconde e la temperatura si abbassa.
Sono le tre del pomeriggio.
Gesù di quando in quando si risolleva per respirare.
Una tortura che dura tre lunghissime interminabili ore.
Tutti i suoi dolori, la sete, i crampi, l’asfissia, i nervi mediani che vibrano ora gli hanno strappato un lamento: «Eloì, Eloì, lamma sabactani??».
Poi l’ultimo fiato nei polmoni per dire «tutto è compiuto! Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito!!».

...detto questo spirò!