lunedì 27 ottobre 2014

Quando l'Agenzia delle Entrate vuol competere con il "MADE IN ITALY"


Un recente studio statistico ha evidenziato che il marchio “Made in Italy” è il più noto e apprezzato al mondo dopo quelli della Coca-Cola e della Visa! Basterebbe questo per illuminare molte menti (che invece restano obnubilate nella loro nebbia saccente!)
E in questa speciale classifica risulta il ..."number  one" al mondo come identificatore di Paese.
E se per la tecnologia, ci si affida a occhi chiusi al “made in Japan”, per lo stile, la classe, lo charme, un solo nome risuona all'unisono: il MADE IN ITALY!
Sull’intero pianeta Terra (per adesso?), da Tokio a Los Angeles, da Stoccolma a Malindi il “made in Italy” è una garanzia di qualità.
Dovremmo quindi stendere chilometri di tappeto rosso (pardon“red carpet”!!) per l’unica voce (insieme al turismo che però sta cedendo!) della nostra economia che continua a far tenere alto il nome della nostra amatissima Patria nel mondo. La moda, le auto di lusso: sono sinonimo della fantasia italiana.
Prendete "brand" italianissimi come Buitoni, Zoppas, Peroni, Algida, Gancia, Star, Valentino, Sanpellegrino, Riso Scotti, Loro Piana, Pomellato, Safilo, Fendi, Lamborghini. Made in Italy? Macchè!
L’haute couture VALENTINO, punta di diamante del made in Italy, è emigrata in Qatar, la TELECOM ora habla español, l’ALITALIA è fvanscese, anche la PARMALAT è andata nelle mani francese, la BUITONI invece ha preso la cittadinanza svizzera, le confetture SANTAROSA poi si son trasferite a fare il breakfast in Inghilterra, i colossi degli elettrodomestici REX, ZOPPAS, ZANUSSI sono andati in Svezia. La birra PERONI è stata assunta nei pub in Sud Africa, i gelati ALGIDA sono diventati icecreams in Olanda e Inghilterra. In Russia si brinda poi con lo spumante GANCIA, e la STAR … è diventata “estrella” in Spagna. Le bibite SAN PELLEGRINO se le son bevute i francesi: ma già dagli anni '80 si sapeva che “C'èst plus facile”…  Alla GALBANI, LOCATELLI E INVERNIZZI parlano ora francese. (e la mucca Carolina dirà: “pitipitumpà!”).
Il RISO SCOTTI è stato acquistato per fare la paella in Spagna. I francesi non hanno voluto rinunciare ai gioielli POMELLATO… In Olanda, poi con gli occhiali SAFILO hanno saputo… vedere lontano.
Come se non bastasse ultimamente si è diffusa in tutta l’Europa la vera e propria caccia all’untore ricco...
In Francia, monsieur le President, François Gérard Georges Nicolas Hollande ha deciso di elevare la tassa al 75% sui redditi più alti.
Fu così che molti artisti come Catherine Deneuve e Gérard Depardieu hanno deciso di espatriare (rispettivamente in Belgio e in Russia) dove son stati –ovviamente– accolti con tutti gli onori che meritano!
A brevissimo tempo li seguì Bernard Arnault, che annunciò il suo espatrio. Arnault non è certo un Carneade qualunque! È il manager di LVMH (ovvero “Louis Vuitton Moët Hennessy S.A.”) un impero che raggruppa il gotha dei maggiori brand del lusso nel mondo del calibro di Hennessy, Krug, Mercier, Moët et Chandon, Dom Pérignon, Veuve Clicquot, Bulgari, De Beers Diamond Jewellers, Dior Watches, TAG Heuer, Hublot, Dior, Louis Vuitton, Fendi, Donna Karan, Givenchy, Kenzo, Loewe, Marc Jacobs, Bvlgari, Parfums Christian Dior, Guerlain, Parfums Givenchy, Kenzo Parfums, Acqua di Parma (e molti altri marchi prestigiosi!...).
Anche in Italia non siamo da meno. Ma in maniera subdola. Noi sguinzagliamo la Guardia di Finanza. Non riusciamo a capire che se ancora il nostro amatissimo (non in casa propria!!) Belpaese non affonda, se continua a galleggiare (alla faccia di tutti gli avvoltoi europei che scalpitano che cantarci il “De Profundis”), se ancora lo tricolore ha un suo valore nel mondo è solo per il turismo, lo stile e l’alta moda italiana.
ATTENZIONE!!!
Qui vi chiedo un piccolo stop per chiarire una cosa:
NON INTENDO AVALLARE, GIUSTIFICARE O INCENTIVARE L’EVASIONE FISCALE CHE –RIBADISCO!– DEVE ESSERE COMBATTUTA DURAMENTE.
 Dovremmo coccolarci gli imprenditori di questo settore! Invece no!
Se sei ricco, sei anche un ladro bastardo, un evasore fiscale che merita anni di galera a pane e acqua.
(Salvo poi difendere chi va in giro in centro con un piccone in mano colpendo chicchessia: questi ultimi hanno sempre giustificazioni socio-economiche-demagogiche…).
Alla base l’invidia, quella più subdola e bieca, emerge alla grande.
Se sei famoso, se sei ricco, devi spiegarci come hai scalato la vetta del successo!!
Ecco infatti che -per fare un esempio recente!- Gaetano Ruta, pubblico ministero presso il tribunale di Milano, ha chiesto una condanna a due anni e sei mesi di carcere. Secondo l’accusa i due designer avrebbero costituito una società in Lussemburgo, la Gado, proprietaria dei marchi del gruppo e di fatto gestita in Italia, al fine di ottenere risparmi fiscali. Dolce e Gabbana sono stati accusati di non aver dichiarato tasse sulle royalties per circa un miliardo di euro.
L’avvocato dell’Agenzia delle Entrate ha chiesto una provvisionale di 10 milioni di euro per danno all’immagine.
Qui sfioriamo il paradosso (o forse il ridicolo!!).
“Danno all’immagine” di chi?
Dell’Agenzia delle Entrate?
Pertanto deduco che forse in qualche procura c’è chi ritiene che l’Italia sia famosa nel mondo per la sua “Agenzia delle Entrate”!
Chi riceve un danno maggiore alla propria immagine a livello mondiale, il “made in Italy” o l’Agenzia delle Entrate?
O forse la bella foto in prima pagina nei quotidiani per il procuratore “coraggioso”?
Ci sarebbe da ridere se non fosse tutto così folle.
Sbattiamo in galera Dolce&Gabbana. E visto che ci siamo, diamo pure l’azienda in mano a qualche ragioniere nominato dal Tribunale. E passi se “l’azienda” in questione non è il negozietto del verduraio sotto casa ma un brand che il mondo intero ci invidia!).
Sarebbe un po’come se ad uno studente che ha la media del “9” un professore appioppasse un “7” in condotta per renderlo più… normale al resto della classe, accusandolo (senza prove) di aver copiato una volta in un compito!!
Ma ora solleviamo un po’ lo sguardo altrove: la multinazionale “Apple” a fronte dei suoi 74 miliardi di $ di utili, ha pagato 44 milioni di $ in tasse, ovvero, calcolatrice alla mano, meno del 3%! (vogliamo ricordare che in Italia, le imposte per le aziende spesso superano il 60% degli utili?).
Il discorso non cambia per molti altri “brand”: Facebook, Microsoft, Twitter, Intel, Paypal e Tesla.
E perché? Semplice: gli americani sanno come difendere il “made in U.S.A.”!
E noi? Con il marchio che il mondo ci invidia che facciamo? Li inseguiamo minacciando la galera.
Ma andiamo oltre.
Il mercato dell'auto di lusso. Per le Highways, nella 5thAvenue, o davanti al “Dolby Theatre” di Hollywood, se non si vuole passare inosservati con quale macchina è bene arrivare? Ferrari? Lamborghini? Maserati? What else? In Europa, il settore dell’auto fa segnare il diciottesimo calo consecutivo (dati diffusi dall’Acea, riguardanti il mese di Marzo 2013).
Il presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di autoveicoli, Filippo Pavan Bernacchi, ci ricorda però che “lo spauracchio del superbollo e la spettacolarizzazione nei controlli anti-evasione stanno distruggendo un settore, quello delle auto di lusso, che da sempre parla italiano”.
Le scelte intraprese dal Governo hanno letteralmente terrorizzato i potenziali clienti. E chi possiede queste vetture o cerca di sbarazzarsene, soprattutto all’estero, o le tiene in garage per paura di essere fermato e fatto oggetto di indagini plurime…
Rispetto al pari periodo del 2011, Ferrari ha avuto un calo del 51,5% e Maserati, -70%.
E ovviamente sono in agguato le lettere di licenziamento.
Altro che coccolare gli imprenditori che fanno brillare il nome della nostra nazione.
Loro sono ricchi e non meritano rispetto.
La proprietà è un furto e l’imprenditore è il nostro acerrimo nemico.
Arriva poi a conferma di quanto detto che la Suprema Corte di Giustizia Italiana ha assolto Domenico Dolce e Stefano Gabbana dall’accusa di evasione fiscale perchè il fatto non sussiste. Il fatto non sussiste. Quindi non c’è stata evasione fiscale.
Allora come la mettiamo con l’avvocato dell’Agenzia delle Entrate chiese una provvisionale di 10 milioni di euro per danno all’immagine.  Ora… a chi tocca chiedere un danno all’immagine che per due anni ha gettato fango e guano? E dopo la sentenza in un comunicato ufficiale i due stilisti milanesi hanno scritto: “Siamo persone oneste e siamo estremamente soddisfatti di questa sentenza della Corte di Giustizia italiana. Viva l’Italia”.
Purtroppo in pochi ricordano cheil made in Italy è l’unico datore di lavoro che fa crescere un Paese sempre più succube della sindrome di “tafazzismo”!