giovedì 11 maggio 2017

DON'T GROW UP, IT'S A TRAP



Il mio mito è Peter Pan. 
Chi mi conosce lo sa bene.
Personalmente non ne ho mai fatto mistero.
I lettori più attenti avranno notato che ho usato il presente indicativo non l’imperfetto.
Il mio mito È Peter Pan.
E da una vita mi sento dire «DEVI CRESCERE!».
Ed io alzo puntualmente le spalle e vado avanti: è impossibile colorare le persone grigie.
Il grigio ha questa particolarità: riesce a “ingrigire” qualsiasi colore viene mischiato con esso.
Ad esempio, un colore brillante come il giallo, unito al grigio, diventa spento, e perde il suo carattere acceso. Diventa un giallo malaticcio.
Grazie al mio coach di inglese oggi ho scoperto un interessante articolo sul sito della BBC che conferma questa mia idea.
Doveva essere solo un compito di “reading and understanding” ma è servito a ridare luce al ...giallo malaticcio.

Crescere è una trappola!
Ho avuto la conferma che per un creativo occorre tornare bimbi per riappropriarsi della vena creativa fresca ed incontaminata.
Nell’articolo si racconta un aneddoto accaduto a Paul Lindley, imprenditore britannico pluripremiato che ha fondato un “brand” per una linea di prodotti di alimenti biologici per l'infanzia chiamata «Ella's Kitchen».

Un giorno Paul mostrò a un gruppo di bambini piccoli una serie di frullati coloratissimi e chiese senza che potessero assaggiarli: «Qual è il migliore?».
Suo figlio, Paddy, quattro anni, indicò subito uno dei frullati e disse sicuro: «The red one», ovvero “quello rosso”. Poi proseguì, «Rosso come la mia macchina fiammante».
Lindley accettò il consiglio e decise di proporre l'idea al consiglio d'amministrazione: il primo prodotto della sua nuova azienda di alimenti biologici per bambini avrebbe avuto proprio il nome di «THE RED ONE», e ovviamente la confezione sarebbe stata color rosso acceso. 
Il viso dei consulenti di branding dell’azienda assunse lo stesso colore della scatola. Rosso tendente al viola.
«Solo un pazzo può lanciare un prodotto come questo con una scatola color rosso. E tanto meno per una linea di prodotti biologici» dissero stizziti e saccenti. Ed anche un po' superbamente.
Gli proposero una sfumatura pastello sul verde e marron capace di trasmettere un messaggio più "naturalistico" adatto per i suoi prodotti 
«I colori accesi e brillanti –ribadirono– avrebbero potuto dare una percezione sbagliata». 

Lindley invece non volle tradire la creatività di Paddy. Fu cocciutamente irremovibile.
E con la decisione di riappropriarsi della mentalità di un bambino vinse la sua sfida.
«Il mondo degli adulti punta solo al risultato ma ha perso il coraggio pur di ridurre al minimo il rischio, la conformità e la convenzione –rispose loro Lindley– al contrario, i bambini non rinunciano al pensiero libero, alla fiducia in se stessi e all'immaginazione».
Ella's Kitchen, ora è diffusa in oltre 40 paesi e vende ogni anno più di 100 milioni $ di alimenti per bimbi e neonati.
Paul Lindley ha fatto quindi bene a seguire l'idea geniale di Paddy.
La lezione che ci da è quella di vedere i bambini come "adulti in tirocinio", riconoscendo la loro creatività, curiosità, determinazione, ambizione e socialità che sono più affidabili di un esperto di marketing.
I bambini sono un po' come "la ricerca e sviluppo” della specie umana mentre gli adulti sono "la produzione e il marketing": si tratta di prendere quelle cose positive dalla tua infanzia e amplificarle, frugando nella memoria, ricordarle e riscoprirle nella tua vita adulta.

Io questo lo dico da sempre. 

Questa per me è solo una conferma.
Non sapevo neppure chi fosse Paul Lindley, ma da sempre io non sono disposto ad abbandonare la freschezza della creatività senza regole dei bambini. Ed è per questo che –purtroppo!– mi scontro quotidianamente con tanti cyborg freddi e distanti, pre-programmati in base al microchip invisibile che è stato inserito nel loro cervello dalle convenzioni sociali.
Essere maturi vuol dire essere standardizzati.
Il coraggio di Paul Lindley ci conferma che osare paga.
Forse non immediatamente, ma paga.

Non lo dico io che non ho nessuna competenza. 

Alison Gopnik, professoressa di psicologia e filosofia presso l'Università di Berkeley in California ci spiega –da un punto di vista professionale– che, crescendo, le parti prefrontali del nostro cervello, deputate alla progettazione, mettere a fuoco e necessarie per il processo decisionale, prendono il sopravvento rendendo il nostro pensiero sempre più inquadrato, impedendoci di sognare e immaginare diverse possibilità oltre quelle incastonate nelle regole.
La prof.ssa Gopnik ha scoperto l’acqua calda: gli adulti non sanno sognare.

Non vi basta?

Sentite che cosa ha scoperto Darya Zabelina,  neuroscienziato cognitivo presso l'Università Boulder in Colorado: alcuni studenti universitari a cui è stato chiesto di immaginare di avere 7 anni dimostrarono molto più inventiva a test standard di pensiero creativo di quelli ai quali era stato chiesto di restare nella loro mentalità di adulti.
Quando viene chiesto di descrivere come trascorrere un giorno di riposo, quest'ultimo gruppo elencò i lavori di lavanderia, lo shopping o riposare.
L’altro gruppo, invece, espresse il desiderio di andar a far visita alla nonna, giocare con gli amici o trovare il cono  gelato “più grandissimo” che esiste.
Ecco qual è il punto.
Gli adulti vivono di password, di caselle da riempire come efficienza, utile, profitto, risultati, target, fatturato.
I bambini hanno un unico target: fare ciò che piace.

Nel suo libro «Little Wins: the Huge Power of Thinking like a Toddler» (“Piccole vittorie: Il potere enorme di pensare come un bambino) Lindley dà l'esempio pratico.

Mi piace fare un altro esempio.
Nel 1940 Jennifer, una bambina di 3 anni fece una delle tante domandine banali al papà: chiese perché non poteva vedere subito la fotografia che aveva appena scattato. 
Suo padre, il fisico Edwin Land, ci pensò su a lungo. 
E quella domandina banale lo portò ad inventare la fotocamera Polaroid.
Semplice no?
Fu importante la genialità di Edwin Land, ma ci volle la scintilla di una bimba di 3 anni per arrivare al risultato.
Per il mondo degli adulti, purtroppo, le distrazioni "infantili" sono viste come incompatibili in un ambiente di ufficio.
Io anche io ne pago lo scotto.
E poiché le grandi aziende (anche quelle che si rivolgono ad un pubblico di bambini!) sono gestite da adulti, ne deriva che la razionalità ottusa, camuffata da professionalità, oscura e annichilisce la creatività dei bimbi che loro stessi sono stati.
Per fortuna c’è anche qualche manager geniale che ha avuto l’intuizione geniale e coraggiosa di ideare “piazzuole per adulti” negli uffici.
Google (non certo un'azienda qualsiasi!) ha aperto la strada all'introduzione di diapositive e giochi nei suoi uffici.

Anche l’agenzia di marketing digitale Sleeping Giant Media ha seguito un’idea molto simile. 
Tenere riunioni in una sala riempita di palline di gomma colorate per stimolare la creatività...

Ovvio che non tutti hanno gradito queste scelte.
Jeremy Myerson, esperto di design di ufficio al Royal College of Art di Londra, come un ideale consorte della famigerata Signora Rottermeier, in modo algido e sprezzante ammonisce sui rischi di "infantilizzare" i dipendenti, poiché quelli che siedono vicino a giocattoli possono essere distratti dal rumore di altri che li usano.
Io non posso che esprimere tutto il mio  accorato compatimento per i figli di mr. Myerson (ammesso che una persona tanto ottusa abbia dei figli!).
Infine voglio concludere con due aforismi:
il filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche «La maturità di una persona consiste nell’aver trovato di nuovo la serietà che aveva da bambino, quando giocava» ed il grande Platone affermava che  
«si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione».
Ecco perché mi piace scrivere, ecco perché mi piace la comunicazione: 

perché per me questo è un gioco.
E a voi piace ancora giocare?

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