sabato 6 maggio 2017

OUI, JE SUIS VINCENT BIGEATER!

Facciamo un gioco? Pensate a un brand qualunque e cercate di ricordare se per la sua campagna di comunicazione viene usato, o meno, un testimonial.
Scoprirete che sono molte poche le aziende che, ormai, per le loro campagne pubblicitarie non si appoggiano a un volto noto.
Gli esperti del settore la chiamano «celebrity endorsement» e per non tediarli e apparire troppo didascalico non mi sogno di spiegare loro cosa significhi questo termine inglese.
Per tutti gli altri miei lettori sarò più gentile e disponibile: con quel termine albionico si indica l’utilizzo di un personaggio celebre, che un’azienda sfrutta -per fini pubblicitari- per la fama e per le sue particolari caratteristiche fisiche e morali.

Utilizzare personaggi famosi nelle campagne pubblicitarie, ha quel “quid” in più per raggiungere gli obiettivi di comunicazione perseguiti dall’impresa: è più efficace. 
Questa potenzialità nasce in Italia nel 1957 con il caro (e rimpianto) Carosello.
Il testimonial era scelto, oltre che per la sua notorietà, soprattutto per la sua capacità recitativa.

Ma la scelta del personaggio deve essere coerente con l’immagine del prodotto e deve essere ben ponderata, sia per l’azienda che… per il testimonial.
percezione positiva.
La visibilità, la coerenza tra testimonial e prodotto, l’appeal (o capacità attrattiva, la credibilità, il carisma sono tutti fattori essenziali per raggiungere lo scopo.
L
 Certo quando al carisma si unisce lo stile e la classe, si può semplicemente scendere da un’auto e presentarsi come fece una grandissima attrice francese con uno chiccoso tailleur rosso per una auto italiana. 
Quel Oui, je suis Catherine Deneuve negli anni ’80 fu un must che molti ricorderanno.

C’è poi chi riesce, in un'impresa quasi impossibile, a mostrare carisma anche non apparendo: come un famoso allenatore di calcio portoghese al quale è stato affidata un’ironica campagna di comunicazione basata solo sulla sua voce. 
«Chi è?» direte voi. The “special One”, of course.

Poi talvolta può accadere che il carisma invece sia in …caduta libera come per il golfista Tiger Woods, testimonial di una bibita energetica, coinvolto in uno scandalo su un giro prostitute d’alto bordo. 
E così, oltre al divorzio con la moglie, arrivò anche quello con la famosa azienda e …addio alla strapagata collaborazione. Voleva metterci la faccia e… fu costretto a coprirsela dalla vergogna mentre veniva fatto salire sulla macchina della polizia.

La notorietà del testimonial può anche focalizzare l’attenzione sul VIP che si trasforma in Medea o in Conte Ugolino, fagocitando il prodotto o la marca che doveva promuovere creando così un vero flop comunicativo.
Ciò che gli esperti definiscono «effetto vampiro» (ma anche questo gli esperti del settore lo sanno già!).

Come nel caso di una ditta di abbigliamento "balneare"  che –inopitamente!– scelse  come testimonial per la promozione della sua linea, l’ex consigliere della Regione Lombardia, Nicole Minetti sperando di cavalcare la momentanea fama.

Mal gliene incorse.
Il popolo del web si scatenò (…non sempre con frasi ironiche!).
Su Facebook, l’azienda prese il toro per le corna:

Sì, volevamo attirare la vostra attenzione. A quanto pare Nicole Minetti modella durante una sfilata Parah è riuscita ad ottenerla. […] Al giorno d’oggi l’unico modo per colpire l’attenzione sembra essere quello di stupire e creare scandalo, ecco perché spesso i nostri modelli non hanno ottenuto l’attenzione sperata, ancora meno se i testimonial sono ragazzi e ragazze scelti tra la gente comune. (…) Ci dispiace aver turbato qualcuno, ma se l’abbiamo fatto è stato per portare l’attenzione su quello che vuole comunicare la nostra azienda"
Altra campagna bloccata è stata quella di Alex Schwazer come testimonial di un’azienda dolciaria torinese.
Il problema nacque quando Schwazer venne accusato di doping che oltre a fermare la sua marcia verso l’oro alle Olimpiadi, fermò anche …il contratto.
Il rischio di sbagliare la scelta del proprio testimonial è sempre in agguato.

O c’è invece chi trova in uno spot il trampolino di lancio per una carriera cinematografica, come Charlize Theron ed il suo abitino che si smagliava (facendo sperare i maschietti che –per una volta!– lo spot si protraesse oltre i 30’!). 
O un giovanissimo Brad Pitt che nel 1991prestò le sue doti fisiche ad una marca di jeans  (prima di prestarsi –senza essere pagato– ad essere testimonial di superalcoolici)…

Ma gli spot sono anche l’uscita di sicurezza per attori e attrici hollywoodiani in declino che accettano di parlare con le galline, offrire caffè alle ospiti o pranzare con pesce in scatola in riva al mare o fare le commesse in un negozio di calze...
Poi ci sono quelli che, dopo aver passato tutti gli anni ’80 a disinnescare ordigni per Los Angeles e hinterland, ora non riescono a trovare la connessione ideale per il tablet.

Ma parlando di testimonial, non possiamo scordare Giovanni Rana che negli anni ’90 non si limitò a metterci la sua faccia per pubblicizzare i tortellini  ma interagiva con famosi personaggi come Marilyn Monroe, Clark Gable, Stalin, o Don Camillo in surreali sketches con l'uso di computer graphic.

Molti esperti si saranno annoiati leggendo questo pezzo perché non ho detto nulla di nuovo e tutto questo loro lo sanno già. 
Ma io vi dico che mantengo –orgogliosamente!– entusiasmo del neofita che ogni volta si emoziona per ciò che gli piace.

Avrò letto, forse, varie decine di volte la poesia «The road not taken» di Robert Frost, ed ogni volta riesce a …«riempirmi l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di essa». (Spero che il buon caro Immanuel mi perdoni per la citazione).

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